Le strategie di coping rappresentano un’opportunità per combattere lo stress del caregiver ed evitare situazioni di burn out. In questo approfondimento, una panoramica su cosa si intende per coping e su quali sono le abilità che possono essere sviluppate per far fronte a pressioni ed eventi negativi esterni.

Gli impegni che gravano su un caregiver, sia esso familiare o professionale, lo sottopongono a forti pressioni fisiche ed emotive, tali da poter far emergere anche stati di profondo stress ed episodi di burn out. Fortunatamente, negli anni, a livello medico e psicologico, si sono acquisite sempre più consapevolezza e attenzione su questa dimensione di sofferenza che colpisce chi assiste una persona non autosufficiente. Non a caso, gli hospice offrono servizio di assistenza psicologica anche ai familiari, oltre che al malato. Spesso, invece, la percezione del disagio che vive un caregiver è minore proprio tra coloro che lo circondano e potrebbero in qualche modo dargli un supporto. È fondamentale, quindi, fare formazione e informazione su questo tema, sia direttamente verso i caregiver che verso tutte le persone che vi entrano in contatto. Ed uno degli aspetti su cui è cruciale incentrare questa attività divulgativa è quello delle possibili soluzioni e forme di supporto che possono essere attivate quando si ravvisa un caso di stress del caregiver. Tra queste, rientrano le strategie di coping.

Cosa sono il coping e le strategie di coping

In italiano, il termine (precisamente il verbo) inglese coping può essere tradotto con affrontare o fronteggiare. La psicologia se ne è appropriata per indicare tutta una serie di comportamenti virtuosi che permettono agli esseri umani di reagire e far fronte alle situazioni che possono provocare sofferenza e conflittualità. Quindi, le strategie di coping (o abilità di coping) sono quelle forme di risposta che l’essere umano mette in pratica per ridurre lo stress e sono definite anche adattive. Specularmente, invece, sono strategie di non coping o di coping disadattivo tutte quelle che finiscono per aumentare lo stress. Così definito, il coping è strettamente connesso con un altro tema caro alla psicologia, cioè quello della resilienza, intesa sommariamente come capacità di adattamento e reazione ad eventi negativi. Una persona in grado di affrontare positivamente i problemi esterni si dimostra infatti resiliente. L’elemento caratterizzate la teoria del coping è la centralità che vi assume l’essere umano, che passa da soggetti passivo a soggetto attivo. In questa prospettiva, infatti, lo stress non è più il meccanico risultato di fattori esterni che l’individuo può solo subire ma è una condizione che lui può modificare mediante specifiche azioni e reazioni.

Le differenti strategie di coping

Ovviamente, le strategie di coping differiscono da persona a persona, perché sono fortemente connesse con il carattere, con l’ambiente in cui si è cresciuti e si vive, con le relazioni che si sono maturate nel tempo e in generale con una lunga serie di fattori individuali. Ad esempio, molto rilevante nel reagire allo stress è la differenza tra uomo e donna, così come quella legata all’età. Ognuno deve scoprire le proprie strategie di coping e non è detto che ciò che funziona per alcuni vada bene anche per altri.

In psicologia, però, si è provato a raggruppare in categorie le diverse abilità di coping, creando la seguente classificazione:

  • Strategie di coping basate sul problema, che puntano a ricercare la fonte del disagio e a intervenire per rimuoverla;
  • Strategie di coping basate sull’emozione: che mirano a gestire le emozioni negative che scaturiscono da un evento stressante;
  • Strategie di coping basate sull’occupazione: che tendono a contrastare la negatività impegnando di attività concrete.

Un’altra possibile distinzione è quella tra:

  • coping reattivo: il più comune, proprio di tutte quelle abilità che portano a reagire a uno stimolo esterno;
  • coping proattivo: con cui si prova ad anticipare, per evitarlo, il generarsi di una condizione stressante.

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