La depressione che può colpire il caregiver dopo la morte della persona assistita è molto meno studiata rispetto allo stress del caregiver ma non è di certo meno grave. La sindrome da post caregiving richiede di essere affrontata con il supporto di uno specialista, nella forma della terapia individuale o di quella di gruppo. Ecco, nel dettaglio, di cosa si tratta e quali sono i suoi sintomi.

In una società in cui la figura del caregiver acquista sempre più importanza, è giusto interrogarsi profondamente sulle implicazioni psicologiche ed emotive che questo ruolo comporta. Ampiamente studiato, ad esempio, è il cosiddetto stress del caregiver, cioè la condizione di sofferenza fisica e psicologica che può investire chi è chiamato ad occuparsi a tempo pieno di una persona non autosufficiente e si sente gravato da una pesante responsabilità. Meno affrontato, invece, è il tema della sindrome da post-caregiving, che può manifestarsi nella fase successiva alla morte dell’assistito, quando il caregiver è chiamato a ristrutturare radicalmente la propria vita. D’altra parte, in alcune circostanze l’attività come caregiver può durare anni. Anche nel caso del post-caregiving, quindi, l’impatto in termini di stress psico-fisico può essere molto forte e necessitare di un aiuto specialistico. La sindrome da post-caregiving, infatti, è una forma seria di depressione, che può colpire indifferentemente sia caregiver familiare che caregiver professionali.

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Cosa succede quando il caregiving finisce

Per comprendere la portata di questo problema, è bene focalizzarsi su cosa può accadere nella mente del caregiver dopo la fine del suo impegno. È un passaggio cruciale, che segna l’esplodere di emozioni potenti e contrastanti. Da una parte, c’è la naturale sofferenza, ancor più profonda se chi viene a mancare è una persona cara. Sofferenza che però è chiamata a bilanciarsi con una sensazione uguale e contraria: il sollievo per non dover più affrontare le fatiche quotidiane dell’assistenza. Questo contrasto genera in molti casi un forte senso di colpa, una sorta di vergogna, aggravata magari anche da forme di colpevolizzazione condensate in una domanda rivolta a sé stessi: potevo fare di più e meglio? Possono poi esserci dei contraccolpi fisici nel post-caregiving. Ad esempio, l’ex-caregiver può accusare stanchezza e mancanza di energia, proprio quella che non era venuta meno nel lungo periodo di assistenza.

Questo turbinio di emozioni può sfociare in sintomi che sono spia evidente di una depressione e di un esaurimento, come:

  • Senso di sopraffazione;
  • Preoccupazione costante;
  • Irritabilità;
  • Problemi con il cibo (scarso appetito o fame eccessiva);
  • Apatia

Come superare la sindrome da post-caregiving

Superare la depressione post-caregiving non è semplice. La soluzione migliore è quella di cercare un aiuto professionale, intraprendendo un percorso di sostegno con uno psicologo o psicoterapeuta. Solo un esperto, infatti, è in grado di accompagnare il caregiver nel sentiero di interpretazione e accettazione dei suoi sentimenti contrastanti. Sul tema si è ancora studiato e dibattuto poco, come dimostra anche la scarsa disponibilità di articoli e studi in proposito. Chi se ne è occupato professionalmente, però, sottolinea la possibilità di due distinti approcci: la terapia individuale e la terapia di gruppo. Inoltre, di notevole importanza è strutturare dei percorsi formativi dedicati ai caregiver che prendano in considerazione anche il tema del ritorno alla vita normale dopo la fine del caregiving.

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