La sedazione palliativa profonda e continua è un atto terapeutico che permette di controllare le sofferenze di un malato terminale che presenti sintomi refrattari. Viene praticata nelle fasi finale della vita del paziente ed è per questo conosciuta anche come sedazione terminale.

Le fasi finali della vita di una persona affetta da una patologia con prognosi infausta possono essere caratterizzate da enormi sofferenze, dovute ai cosiddetti sintomi refrattari, cioè non trattabili in alcun modo se non diminuendo il livello di coscienza del paziente. È proprio a questo scopo che serve la sedazione palliativa profonda e continua. Tale pratica, quindi, rientra a pieno titolo nel perimetro delle cure palliative e della terapia del dolore. L’importanza della sedazione terminale nel garantire la qualità della vita del malato è tale da rendere utile dedicarle un articolo di approfondimento.

Cos’è la sedazione profonda e continua con finalità di cura palliativa

Una sintetica ed efficace definizione di sedazione palliativa si può rintracciare nei documenti ufficiali della Società Italiana Cure Palliative, che ne parla come di:

“un atto terapeutico che utilizza la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la percezione di un sintomo, altrimenti intollerabile per il paziente nonostante siano stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo stesso, che risulta, quindi, refrattario”.

Detto in termini più semplice, la sedazione continua e profonda fa parte delle cure palliative ed è a tuti gli effetti un atto terapeutico che mira diminuire consapevolmente il livello di coscienza per alleviare il dolore e le sofferenze patite da un malato affetto da patologia con prognosi infausta e in fase terminale.

Cosa dicono la legge sulla sedazione palliativa e le relative linee guida?

I principali riferimenti normativi che affrontano il tema della sedazione palliativa continua e profonda sono:

Quando si utilizza la sedazione terminale?

La sedazione palliativa può essere somministrata quando si verificano due requisiti:

  • il paziente destinatario del trattamento è affetto da una patologia inguaribile nello stadio terminale (il decesso è atteso entro poche ore o giorni);
  • sono presenti i cosiddetti sintomi refrattari, cioè delle manifestazioni dolorose incontrollabili che non possono essere alleviate mediante la somministrazione di farmaci e che non trovano sollievo neanche con altri interventi terapeutici.

Perché sedare un malato terminale?

La ragione che muove la scelta di praticare la sedazione profonda è la stessa che anima tutta la normativa sulle cure palliative e la terapia del dolore: risparmiare al malato delle sofferenze ingiustificate e inumane per migliorarne la qualità della vita, nella fase di accompagnamento vero la morte.

Chi può richiedere la sedazione di un malato terminale e che ruolo ha il consenso dello stesso?

La decisione di praticare la sedazione profonda ad un malato terminale è il risultato di una scelta che vede la partecipazione del personale sanitario che ha in cura il paziente, dei suoi familiari oltre che ovviamente del diretto interessato. Anzi, il consenso informato del malato è indispensabile per poter procedere alla sedazione, anche se va contro il consiglio di medici e parenti stretti.

Come avviene la sedazione profonda continua e con quali farmaci?

La sedazione palliativa continua e profonda si attua mediante la somministrazione di appositi farmaci, decisi dal medico responsabile. Può trattarsi di farmaci sedativi, oppioidi e neurolettici. In alcuni casi, si può anche valutare l’utilizzo di anestetici o barbiturici.

Quanto dura la sedazione palliativa?

Essendo finalizzata ad accompagnare il paziente verso una morte serena, la sedazione profonda si protrae in modo continuativo fino al decesso. Secondo le statistiche più recenti, il tempo medio di durata della sedazione palliativa è di 2,8 giorni.

Dove si pratica la sedazione profonda continua?

La sedazione palliativa può essere pratica nel luogo di degenza del malato, quindi sia presso il suo domicilio che in una struttura sanitaria, come ospedale, casa di cura o hospice.

Cosa sente e cosa prova il malato terminale quando è sedato?

Il livello di coscienza a cui viene portato il malato dipende dalle scelte del medico curante, concordate con lui e con i familiari, e, di conseguenza, dal mix di farmaci che vengono somministrati. In alcuni casi, ci si limite a indurre uno stato di torpore, in altri si giunge fino al sonno profondo con totale annullamento della coscienza.

Perché la sedazione palliativa profonda e continua non è considerata eutanasia?

Accade spesso, soprattutto nel sentire comune, che la sedazione profonda applicata ad un malato terminale sia scambiata per una forma di eutanasia. Un errore che qualificherebbe tale atto come illegale, vista la non praticabilità dell’eutanasia nell’ordinamento italiano. In realtà, però, la sedazione palliativa è cosa ben diversa dall’eutanasia. Quest’ultima, infatti, è un atto che provoca direttamente la morta. La sedazione terminale, invece, non accelera in alcun modo il decesso ma rende solo sopportabile la sofferenza.